LA CONTUMACIA DEL CONVENUTO ESCLUDE LA CONDANNA ALLE SPESE DI LITE?

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Compensazione delle spese di giudizio.

Il criterio di imputazione delle spese processuali e la dichiarazione di contumacia del convenuto: il necessario distinguo tra contumace vittorioso e contumace soccombente.

Nella regolazione delle spese del giudizio riveste carattere dirimente il criterio della soccombenza, il quale impone di addossare tutte le spese alla parte che abbia perduto la lite.

In altri termini, il soccombente dovrà provvedere all’integrale rimborso in favore della parte vittoriosa di tutte le spese dalla stessa sostenute per difendersi nel giudizio medesimo, ivi compresi i compensi dell’avvocato di costei e l’imposta di registro della sentenza.

Diversa è l’ipotesi in cui il Giudice adito disponga con sentenza la compensazione delle spese del giudizio, giacché la stessa ha carattere eccezionale, potendo trovare applicazione solo nei casi tassativamente indicati dalla legge.

Sul punto, occorre precisare che a norma dell’art. 91 cod. proc. civ., “Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa“.

Il successivo art. 92, comma 2, cod. proc. civ, dispone che “Se vi è soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, il giudice può compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero“, ovvero qualora sussistano “altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni” (cfr. in tal senso Corte Costituzionale, sentenza n. 77 del 19.04.2018).

Siffatti principi, come affermato dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 7292 del 23 Marzo 2018, operano anche nelle ipotesi in cui il convenuto rimanga contumace ovvero decida di non costituirsi in giudizio.

Ne consegue che ove all’esito del giudizio il convenuto, rimasto contumace,  venga dichiarato soccombente, lo stesso dovrà, in ogni caso, essere condannato al pagamento delle spese processuali in favore della controparte vittoriosa, giacché la circostanza che qui viene in rilievo ai fini della determinazione della soccombenza è il comportamento tenuto dalla parte prima del processo, avendo il convenuto costretto l’avversario a rivolgersi al giudice per ottenere il riconoscimento dei propri diritti.

In altri termini, la condanna alle spese processuali dovrà essere disposta per il solo fatto di aver perso il giudizio, ciò a prescindere che la parte soccombente si sia o meno costituita.

La mancata costituzione non può, infatti, essere considerata una delle gravi ed eccezionali ragioni in forza della quale il Giudice adito potrebbe compensare le spese del giudizio, giacché la stessa si tradurrebbe in una violazione del corretto obbligo di motivazione.

La Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sulla questione della condanna alle spese del convenuto contumace, ha già da tempo chiarito che “ai fini della distribuzione dell’onere delle spese del processo tra le parti, essenziale criterio rivelatore della soccombenza è l’aver dato causa al giudizio”.

Ragion per cui  “la soccombenza non è esclusa dalla circostanza che, una volta convenuta in giudizio, la parte sia rimasta contumace o abbia riconosciuto come fondata la pretesa che aveva prima lasciato insoddisfatta così da renderne necessario l’accertamento giudiziale”.

Più in particolare, “l’individuazione del soccombente si fa in base al principio di causalità, con la conseguenza che parte obbligata a rimborsare alle altre le spese che hanno anticipato nel processo è quella che, col comportamento tenuto fuori del processo, ovvero col darvi inizio o resistervi in forme e con argomenti non rispondenti al diritto, ha dato causa al processo o al suo protrarsi” (Cass. Civ. Sez. VI, ordinanza n. 373 del 13 Gennaio 2015).

Ciò detto, appare opportuno analizzare un ulteriore profilo connesso all’ipotesi opposta, ovvero la condanna alla spese in favore della parte contumace.

Sul punto la Suprema Corte di Cassazione ha affermato che, se da un lato costituisce principio pacifico in giurisprudenza quello per cui il giudice possa disporre la compensazione delle spese a carico del convenuto contumace, non altrettanto può dirsi per la condanna alle spese in favore del contumace vittorioso.

Tale assunto trae fondamento dalla seguente considerazione: “la condanna alle spese processuali, a norma dell’art. 91 c.p.c., ha il suo fondamento nell’esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un’attività processuale per ottenere il riconoscimento e l’attuazione di un suo diritto; sicché essa non può essere pronunziata in favore del contumace (o intimato in sede di giudizio di cassazione) vittorioso, poiché questi, non avendo espletato alcuna attività processuale, non ha sopportato spese al cui rimborso abbia diritto (Cass. n. 16174 del 2018; Cass. n. 17432 del 2011)” (Cass. Civ. Sez. VI, ord. n. 12897/19 del 15.05.2019).

Alla luce di quanto sopra esposto è evidente pertanto, che il contumace vittorioso, avendo deliberatamente deciso di non costituirsi in giudizio, non avrà diritto al rimborso delle spese processuali anche qualora all’esito del detto giudizio risulti vittorioso, giacché egli non ha espletato alcuna attività processuale e/o difensiva nel procedimento medesimo.